Origini delle interferenze elettromagnetiche nei sistemi elettronici

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Un sistema elettronico per quanto semplice possa essere può essere soggetto a interferenze elettromagnetiche (suscettività elettromagnetica) ed essere al tempo stesso sorgente d'interferenza. Una sorgente elettromagnetica, se sufficientemente intesa può causare un malfunzionamento di un sistema. Alcune volte le sorgenti elettromagnetiche sono progettate per essere tali, si pensi al cellulare o ad una radio trasmittente, mentre altre volte sorgenti elettromagnetiche sono tali per problemi di altra natura. In ogni modo sia che la sorgente elettromagnetica sia progettata come tale che imprevista, il campo elettromagnetico può interferire con altre apparecchiature elettroniche nelle vicinanze. Per tale ragione nel momento in cui si progetta un nuovo sistema elettronico è bene considerare il problema dell'interferenza elettromagnetica sia dal punto di vista della suscettività che dal punto di  quello di sorgente elettromagnetica. Nella seguente Brief Note si prenderà in considerazione la problematica in cui il nostro sistema sia una sorgente di disturbo che non è stata progettata per essere tale, ovvero irradi campi elettromagnetici anche se il sistema non è progettato per essere una radio. In particolare verranno messe in evidenza le cause che portano un circuito ad irradiare un campo elettromagnetico. Capite le cause che fanno insorgere una radiazione elettromagnetica, verranno spiegati possibili rimedi al fine di ridurre potenziali disturbi. Nella seguente Brief Note non vengono prese in considerazione le tecniche per proteggere il sistema da interferenze elettromagnetiche.

Il problema elettromagnetico è particolarmente complesso e una completa trattazione va ben oltre le poche parole che seguiranno, infatti interi corsi universitari sono dedicati alla trattazione di tale tale problematica, la quale viene però fatta in maniera talmente teorica che fa perdere spesso la reale natura del problema impedendo dunque di trovare un rimedio alle problematiche ad esse legate.

Quanto seguirà non verrà supportato da equazioni matematiche ma cercherà di costruire delle basi partendo da quello che molti considerano banale e che sommato ad altre cose apparentemente banali, mostreranno un mondo molto più complesso.

Cominciamo con il distinguere le grandezze fisiche scalari da quelle vettoriali. Una grandezza fisica si definisce scalare quando viene descritta da un unico valore definito modulo o intensità. La temperatura è per esempio una grandezza fisica scalare, poiché data la sua intensità abbiamo detto tutto. Infatti basta dire che un corpo è alla temperatura di 37 gradi centigradi per quantificare la temperatura dello stesso.

Una grandezza di definisce vettoriale quando per descriverla sono necessari tre numeri o meglio informazioni: modulo (o intensità), direzione e verso. Tra le grandezze vettoriali più note ci sono senza dubbio la velocità e l'accelerazione. Da un punto di vista fisico dire che un corpo va a 30 Km/h non permette di descrivere il corpo in movimento, in particolare oltre alla velocità che possiamo leggere su un tachimetro è necessario dire in che direzione è posto il vettore velocità e in quale verso al variare del tempo. Ora nascerà il dubbio tra direzione e verso...

La direzione è la retta su cui giace il nostro vettore...nel caso di un auto potrebbe essere l'autostrada.

Il verso indica invece il modo in cui percorriamo l´autostrada...da Monaco a Roma o da Roma a Monaco! Quindi non è formalmente corretto dire di guidare in direzione Roma, ma bisognerebbe dire guidare verso Roma.

Detto questo cerchiamo di creare un po' di confusione su cosa sia la velocità e l´accelerazione. La velocità di un corpo rappresenta lo spazio percorso in un determinato tempo (spesso nell'unita di tempo, ovvero il secondo). In maniera più rigorosa bisognerebbe parlare di variazione dello spazio in una variazione temporale (una derivata per intenderci dS(t)/dt). L´accelerazione a differenza di come molti risponderebbero non significa andare più veloci, ma rappresenta o meglio quantifica la variazione di velocità in un determinato tempo (...ancora una derivata dv(t)/dt).

Questo vuol dire che accelerare significa sia premere il gas (detta all'inglese) o premere il freno...ma è non tutto!

Come detto la velocità è una grandezza vettoriale dunque variare la velocità non significa solo passare da 30Km/h a 35Km/h o ancora a 20Km/h, cambiare velocità può significare anche variare direzione o verso, ovvero curvare! Tenete questo a mente.

Detto questo consideriamo la corrente come spostamento ordinato (ordinato è la parola chiave) di cariche elettriche, ovvero di elettroni o ioni. È necessario specificare ordinato poiché un qualunque corpo ha elettroni o ioni in movimento ma essendo disordinato risulta in una corrente nulla. Applicando ad un corpo conduttore un campo elettrico (per esempio usando una batteria) questo causerà un movimento ordinato di carica dalla zona a potenziale più alto a quello a potenziale più basso...ovvero sul nostro conduttore, quale per esempio un filo, passerà della corrente.

Descritti questi concetti base, estratti più o meno da due corsi di fisica, vediamo quando si viene a creare un campo elettrico, magnetico ed elettromagnetico che come detto può creare interferenze a sistemi elettronici circostanti.

Per avere un campo elettrico basta avere una carica elettrica sia essa in movimento che ferma.

Per avere un campo magnetico un modo possibile è quello di far circolare della corrente in un filo conduttore. Si capisce dunque che per mezzo di cariche elettriche è possibile avere sia un campo elettrico che magnetico.

Quando il campo elettrico e magnetico sono statici, ovvero associati a cariche elettriche ferme o che si muovono a velocità costante, campo elettrico e magnetico sono tra loro indipendenti. Se il campo elettrico e magnetico sono invece variabili nel tempo, risultano legati tra loro e si parla più propriamente di campo elettromagnetico. La comprensione del legame esistente tra campo elettrico e magnetico è stato un passo molto importate nella storia della fisica ed è descritto dalle equazioni di Maxwell la cui soluzione se non in casi particolari è tutt'altro che banale.

La fusione del campo elettrico e magnetico avviene in un momento particolare ed è quando una carica elettrica (per esempio un elettrone) subisce un'accelerazione...ovvero cambia la sua velocità.

Tutti i problemi che un circuito può dare irradiando campi elettromagnetici è legato al fatto che da qualche sua parte gli elettroni sono accelerati, ovvero stanno cambiando velocità. Risolvere problemi elettromagnetici (EMI, ElectroMagnetic Interfirence) siano essi di natura radiata e spesso anche condotta (ovvero interferenze che si propagano sulle linee elettriche), si traduce nella ricerca dei punti nel nostro circuito in cui gli elettroni hanno rapide variazioni di velocità.

Vediamo alcuni casi pratici e cerchiamo di capire poiché ho introdotto cose apparentemente inutili.

Accensione di un dispositivo

Uno dei momenti più critici è sicuramente l´accensione di un dispositivo, visto che la variazione di corrente è legata al fatto che il circuito era spento ed inizia a richiedere energia e vi è quindi un rapido movimento di cariche elettriche. In generale questo non è un problema visto l´aspetto transitorio del fenomeno, piuttosto breve. In ogni modo avere la possibilità di accendere lentamente un dispositivo può ridurre effetti nocivi EMI.

Segnali di clock

Un segnale di clock scandisce le funzione di sistemi digitali e rappresenta semplicemente un segnale del tipo acceso e spento.

Da quanto detto al punto precedente si capisce che questo equivale ad accelerare delle cariche e quindi irradiare. Un modo per limitare effetti EMI è quello di ridurre la frequenza di clock (se possibile) o rallentare i fronti del segnale di clock ponendo delle resistenze in serie al bus (ovvero rallentare la rapidità con cui le cariche devono cambiare velocità). Se possibile è anche bene utilizzare delle porte logiche che hanno fronti di salita/discesa più lenti. Dal momento che linee di clock sono più soggette ad irradiare è bene tenerle lontane da punti sensibili in cui possano influenzare eventuali segnali da misurare. È bene che le linee di clock non viaggino parallele a linee di segnali dal momento che questa è la situazione di massimo accoppiamento tra due linee. Inoltre è bene evitare che linee di segnali passino sopra linee di clock (anche in layer differenti, ovvero PCB multistrato) a meno di non avere un piano di massa tra i due layer. Se il passaggio è inevitabile e non è presente nessun layer di alimentazione il passaggio deve avvenire in maniera ortogonale alla linea di clock (minimo accoppiamento tra due linee).

Piste PCB a 90 gradi

Come detto quando una macchina curva varia la sua velocità, un elettrone che viaggia in un filo o pista di un PCB, se trova una curva a 90 gradi cambia rapidamente verso e direzione e questo causa l'insorgere di un campo elettromagnetico, poiché come detto cambia la sua velocità. Per limitare il problema è bene fare le curve quanto più leggere possibile, ovvero non usando curve a 90 gradi o gomito. Curve arrotondate o a 45 gradi sono da preferirsi a quelle a 90 gradi.

Alimentatori Switching

Gli alimentatori switching per loro natura hanno variazioni di corrente legate al fatto che alcune loro parti si attivano e disattivano, causando transiti e blocchi di corrente. I rami più sensibili di un alimentatore switching sono proprio quelli in cui la corrente si attiva e disattiva (definiti ad alto di(t)/dt) con il segnale PWM di controllo.

In questo caso per limitare radiazioni elettromagnetiche, oltre a seguire le regole sopra descritte, è bene fare le piste dei rami ad alto di(t)/dt quanto più brevi possibili. Questa regola è comunque una regola d'oro da seguire in un qualunque circuito.

Riassumendo in una frase, tutti i problemi EMI possono essere limitati avendo cura che l'elettrone o cariche elettriche, non subiscano variazioni di velocità eccessive. Usare le regole di una guida sicura per l´elettrone aiuta molto a ridurre problemi EMI.

 

 

 


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